Passa ai contenuti principali

...DALL'ALTRA PARTE DELLA BENDA NERA....

…hanno tolto la benda anche a me. Il mio viaggio è finito e come sempre ho la sensazione di aver dimenticato qualcosa. Non qualcosa di materiale, ma che comunque ha un peso e lo senti nella gola, come un nodo; e lo senti negli occhi, come se volessero tracimare nostalgia, come due bicchieri colmi. Poi ti giri, vedi la Sicilia tutta attorno a te che la trafiggi troppo velocemente  e dentro la scatola con il volante, posizione non comoda per apprezzarla davvero. Eppure già basta per capire che cos’è che ti manca. Caotica e lenta, sporca e magnifica, sorprendente e trascurata, orgogliosa e tollerante, provinciale e internazionale, pigra e disponibile, tutto questo è la Sicilia, almeno la “mia” Sicilia, quella che ho attraversato, vissuto, conosciuto fin dentro casa, fino alle abitudini, ai rituali, alle dinamiche quotidiane. Palermo non può che essere il capoluogo di questa regione. E’ la sintesi metropolitana di tutto questo.
Sorprendere i bambini adulti e gli adulti ancora bambini di Via Cusimano,  a Borgo Vecchio,  mi ha reso felice ma soprattutto orgoglioso del mio lavoro. E’ la prima volta che lo scrivo, e anche che lo penso così seriamente, ma questa volta è proprio così. Occorre essere lì per capire. Occorre vedere di persona lo stupore per delle semplici  bolle di sapone, la meraviglia pietrificata per un abbraccio da un estraneo, il sorriso spontaneo e sincero per una mano stretta. La prepotente rabbia di voler rifare il percorso ancora una volta e poi ancora e poi ancora, perché ognuno ha diritto alla sua dose di benessere, solo questo volevano dirmi, solo questo mi urlavano addosso senza violenza, solo comunicando come di consueto per loro. Mi dispiace, scusatemi,  non ho potuto aiutarvi una seconda volta, non voletemi male e non pensate sia una questione personale. Avevo un orario da rispettare, tutto qui. Ho sperimentato il mio disagio, i miei limiti, le mie paure irrazionali, ho avuto timore di voi. E questo mi ha reso vivo e partecipe, attento e sensibile a ciò che accadeva e a come accadeva. Come sempre la realtà è ben diversa dalle proiezioni approssimative nate da stupidi pregiudizi. Ne ho avuti, ma li avete sbriciolati semplicemente entrando nel mio percorso, lasciando i vostri commenti e sappiate che apprezzo infinitamente lo sforzo che avete fatto per scriverli, per “volerli” scrivere, anche se scrivere non vi piace per niente. Sono tra le pagine più importanti del mio diario dei commenti. Grazie, grazie ad ognuno di voi, anche se non leggerete mai queste parole.
E poi un grazie differente, ma ugualmente enorme a tutte le persone che hanno reso possibile tutto questo: Fabiana e Eleonora Cangemi per avermi fatto sentire a casa e di casa; Veronica Tranchida per l’ospitalità, l’aiuto prezioso e per la fragile ed irresistibile follia; Eleonora Quinci per la generosità e la disponibilità instancabile; e ancora Federica, Azzurra, Francesco, Elia e Amhed, Carola, Iaia, Fabio e sicuramente ne dimentico tanti, ma il mio grazie va a tutte le persone che in qualche modo si sono rese disponibili per sostenere il mio progetto in Sicilia, senza di voi non ci sarebbe stato tutto questo. Grazie di cuore.
Tornerò, me l’avete chiesto con sincero entusiasmo;  è fin troppo facile per me dirvi di sì: tornerò assolutamente, è un imperativo dell’anima cui non si può rifiutare.

Ho gli occhi lucidi, mi hanno tolto la benda e fatto uscire…ora però rimettetemela il mio viaggio non è ancora finito…

Commenti

Post popolari in questo blog

MANIFESTO PROGRAMMATICO

MANIFESTO PROGRAMMATICO DI FITZCARRALDO TEATRO Tutto è stato scritto, detto, letto, recitato, visto, raccontato e commentato. Il teatro ha margini di libertà, creatività e movimento solo entro confini nuovi. Il teatro non pu ò (aldilà del denaro impiegato) raggiungere l’irreale, l’invisibile, l’astratto della pittura o del cinema. Per questo il nostro teatro è quello “mai visto”, quello che lo spettatore crea da solo, immaginandolo, evocandolo attraverso i ricordi e le suggestioni, la riscoperta dei propri sensi e l'associazione di immagini e suoni; stimoli silenziosi e impercettibili che il contesto, creato dalla regia e dagli attori, fornisce. Come ciechi, i nostri spettatori vedono e vivono il loro personale teatro, riappropiandosi della propria identità di fruitori dell’arte, la quale, per definizione, rende visibile ci ò che non lo è. L’ ultima frontiera della libertà è l’onirico, il recupero e le nuove associazioni dei ricordi; è in questo territorio che ci m...

TRILOGIA

Agave è andato, anzi sta andando. Ma il fiore che ha generato è duplice. Agave è, così, il primo di tre spettacoli centrati sulla (ri)scoperta dei nostri sensi. Da Gennaio 2012 dovrebbe essere pronto (speriamo) il nostro secondo lavoro su queste tematiche. I commenti del pubblico che ci ha seguito sono molto incoraggianti, sono le gambe e l'energia che utilizziamo per non cedere e per continuare ad andare avanti, con il nostro entusiasmo, con la nostra curiosità, con la nostra "disperata vitalità". Ci stanno invitando da molte città, vogliamo rispondere a tutte, vogliamo esserci in tutte, ma tempo e risorse economiche sono due costanti che segnano la nostra attività: entrambe ci mancano! Ma noi continuiamo a crederci e faremo di tutto per esaudire le richieste al più presto, anche perchè questo nomadismo teatrale ci piace da pazzi!

Berenice: Capitolo Primo

Berenice ha capito che la vita è un puzzle. Complicato, se lo vedi nel suo insieme, con i suoi tanti, tantissimi tasselli, fino a sembrarti troppo difficile da affrontare, da risolvere, ma se ti fermi, se non ti fai ingannare dalla visione olistica della tua esistenza, allora la vedi. La soluzione è lì, proprio dentro alla paura. Proprio nel dubbio, nell’attesa. Uno alla volta, con pazienza, senza fretta. Hai una scatola di pezzi, guardali. Viste singolarmente, queste porzioni di vita non fanno paura, anzi sono così fragili, così insignificanti nella loro solitudine. Hanno un disperato bisogno del pezzo accanto, dell’altro, del vicino, del proprio simile, per avere un senso, per avere una direzione, un significato. Ognuno differente dall’altro, ogni pezzo con le proprie caratteristiche, con il proprio disegno stampato sulla schiena, con il proprio destino legato, incastrato all’altro. Nell’attesa dell’altro. L’altro, sì differente, ma nello stesso tempo così simile e con la stessa fina...