Di questa “patria friulana” Pier Paolo Pasolini dirà, scrivendo a un amico: “Ogni immagine di questa terra, ogni volto umano, ogni battere di campane, mi viene gettato contro il cuore ferendomi con un dolore quasi fisico. Non ho un momento di calma, perché vivo sempre gettato nel futuro: se bevo un bicchiere di vino, e rido forte con gli amici, mi vedo bere, e mi sento gridare, con disperazione immensa e accorata, con un rimpianto prematuro di quanto faccio e godo, una coscienza continuamente viva e dolorosa del tempo”. Lùnis I. Timp furlan! Na scussa umida di sanbùc, na stela nassuda nenfra il fun dai fogolàrs, na sera pluvisina - un pulvìn di fen. tai ciavièj o in tal sen di un frut ch’al ven sudàt da la ciampagna ta la sera rovana. […] LUNEDÌ. I. Tempo friulano! Una scorza umida di sambuco, una stella nata in mezzo al fumo dei focolari, in una sera piovigginosa – un pulviscolo di fieno nei capelli o nel petto di un ragazzo, che viene sudato dalla
"Chi sogna può muovere le montagne"