Passa ai contenuti principali

Agave - Note di regia

AGAVE
Note di regia

Sembra che le prime forme di scrittura siano state ritrovate su foglie di agave.
Agave: una delle Baccanti, accecata dalla propria devozione, esiliata dallo stesso Dio che l’ha resa assassina di suo figlio.
Agave: la parola, e la sua etimologia.
Agave: la pianta, e la sua semplice e straordinaria esistenza.
Queste le radici dove attinge e cresce il nostro Agave.

Osserviamo e attraversiamo la vita senza mai entrarci dentro. Senza mai scendere sotto la superficie. Ogni nostro passaggio leviga ciò che percepiamo fino a renderlo piatto, liscio, muto. Come quella parte di marmo, o di bronzo, delle statue, lusingata e resa lucida dall’insensato passaggio di migliaia di mani curiose. Come la cartolina del viaggiatore, collezionata e archiviata come “Ricordo di..”, quasi fosse una figurina da incollare nell’album della memoria, ma senza odori, senza profondità. L’ennesimo viaggio che presto sarà oblio, confuso con altri, identico nella forma a tanti altri viaggi. Anonimo. Mai davvero vissuto. Percepiamo la vita attraverso i nostri sensi. Elaborare ciò che viviamo dovrebbe essere il passo successivo nella strada della comprensione.
Nel percorso della vita non facciamo altro che cercare chi siamo e capire chi sono gli altri, e in questa duplice ricerca ci perdiamo nel labirinto della vita dove ogni angolo può rappresentare l’inizio di una nuova esperienza,  dove ogni corridoio preso o lasciato potrebbe essere determinante per il nostro futuro. L’uscita, la soluzione al labirinto, è il fine ultimo, ma sta nella ricerca la ragione stessa del procedere. Un labirinto dove riscoprire , a volte scoprire per la prima volta, che il nostro corpo sente il mondo attraverso canali sensoriali spesso trascurati,  spesso utilizzati solo in parte, o addirittura mai. Chi ne è privo ne conosce davvero il valore,  chi ne è privo, allora, ci può insegnare ad utilizzarli, ad apprezzarli, e in definitiva a vivere assumendo un altro punto di vista. Ma per far questo occorre entrare proprio in quel labirinto dei sensi e accettare l’idea che il miglior modo di ritrovarsi è proprio perdersi.

Agave è un percorso sensoriale dove lo spettatore, dopo essere stato bendato,  verrà accompagnato da ragazzi non vedenti all’interno di un labirinto alla ricerca-scoperta di se stesso, attraversando il disagio, diventando, almeno per il tempo del viaggio, disabile egli stesso e conoscendo così il valore e il significato del buio, del silenzio e della totale assenza di riferimenti spazio-temporali. Solo, con il proprio corpo come unico strumento per procedere, lo spettatore si troverà a viaggiare e scoprire; metterà alla prova la propria capacità di sapersi affidare all’altro, al diverso, allo sconosciuto; si lascerà guidare nella  sua ricerca della soluzione.
Dopo il silenzio e il buio, piovono parole, singole lettere, elementi di base per un nuovo alfabeto; ciascuno osserva il mondo dalla propria finestra, dal proprio personale e privato pezzo di vetro. Magari sperimentando punti di vista differenti. Magari mettendo in discussione quello che si è sempre creduto, vedendo e ascoltando in modo nuovo, rigenerato.
Dopo circa trent’anni l’Agave muore, ma lascia un fiore. Una speranza, un altro modo di comunicare, un altro tassello del rebus.
Il tempo cambia le cose, ma anche la magia lo fa.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       Marco Florio

Commenti

Post popolari in questo blog

AGAVE A ROMA 2020 AL CENTRO ARTEMIA

MANIFESTO PROGRAMMATICO

MANIFESTO PROGRAMMATICO DI FITZCARRALDO TEATRO Tutto è stato scritto, detto, letto, recitato, visto, raccontato e commentato. Il teatro ha margini di libertà, creatività e movimento solo entro confini nuovi. Il teatro non pu ò (aldilà del denaro impiegato) raggiungere l’irreale, l’invisibile, l’astratto della pittura o del cinema. Per questo il nostro teatro è quello “mai visto”, quello che lo spettatore crea da solo, immaginandolo, evocandolo attraverso i ricordi e le suggestioni, la riscoperta dei propri sensi e l'associazione di immagini e suoni; stimoli silenziosi e impercettibili che il contesto, creato dalla regia e dagli attori, fornisce. Come ciechi, i nostri spettatori vedono e vivono il loro personale teatro, riappropiandosi della propria identità di fruitori dell’arte, la quale, per definizione, rende visibile ci ò che non lo è. L’ ultima frontiera della libertà è l’onirico, il recupero e le nuove associazioni dei ricordi; è in questo territorio che ci m

LA LIBERTA' MUORE CON CALMA, NEL FRATTEMPO RESISTO

Siamo stati a Thiesi; Sassari; Pozzomaggiore e nello splendido monastero di San Pietro di Sorres. Nell'ultimo mese abbiamo viaggiato parecchio, conosciuto e abbracciato molte persone. Rinnovato quel patto segreto e condiviso che ci vuole ancora capaci di convivere civilmente, seguendo bellezza e armonia. A tutte queste persone incontrate e salutate troppo presto va il nostro grazie più sincero; "ci rivedremo presto" è un imperativo dell'anima, più che una promessa. Ho una manciata di idee, un sogno prepotente e una scatola ancora da aprire. Ho ancora energia e continuo a credere che sia possibile cambiare la realtà, se questa non piace e non la si sente propria. Sprechiamo tempo a criticare ciò che altri fanno e a giudicare male ciò che, altri ancora, non fanno, tralasciando sempre l’ipotesi che noi siamo “l’altro che fa o non fa”. Basterebbe attivarsi, fare ciascuno il proprio, per essere, almeno parzialmente, a posto con la coscienza di abitante del mondo, smette