AGAVE
DAL 10 al 13 NOVEMBRE 2011
ANFITEATRO DELLA MARTESANA MILANO
All’interno del Parco, tra Via Agordat e Via Bertelli
Dalle 20:30, ingresso cadenzato: uno spettatore alla volta ogni 4 minuti.
Osserviamo e attraversiamo la vita senza mai entrarci dentro. Senza mai scendere sotto la superficie. Ogni nostro passaggio leviga ciò che percepiamo fino a renderlo piatto, liscio, muto. Come quella parte di marmo, o di bronzo, delle statue, lusingata e resa lucida dall’insensato passaggio di migliaia di mani curiose. Come la cartolina del viaggiatore, collezionata e archiviata come “Ricordo di..”, quasi fosse una figurina da incollare nell’album della memoria, ma senza odori, senza profondità. L’ennesimo viaggio che presto sarà oblio, confuso con altri, identico nella forma a tanti altri viaggi. Anonimo. Mai davvero vissuto. Percepiamo la vita attraverso i nostri sensi. Elaborare ciò che viviamo dovrebbe essere il passo successivo nella strada della comprensione.
Nel percorso della vita, non facciamo altro che cercare chi siamo e capire chi sono gli altri, e in questa duplice ricerca ci perdiamo nel labirinto della vita dove ogni angolo può rappresentare l’inizio di una nuova esperienza, dove ogni corridoio preso o lasciato potrebbe essere determinante per il nostro futuro. L’uscita, la soluzione al labirinto, è il fine ultimo, ma sta nella ricerca la ragione stessa del procedere. Un labirinto dove riscoprire , a volte scoprire per la prima volta, che il nostro corpo sente il mondo attraverso canali sensoriali spesso trascurati, spesso utilizzati solo in parte, o addirittura mai. Chi ne è privo ne conosce davvero il valore, chi ne è privo, allora, ci può insegnare ad utilizzarli, ad apprezzarli, e in definitiva a vivere assumendo un altro punto di vista. Ma per far questo occorre entrare proprio in quel labirinto dei sensi e accettare l’idea che il miglior modo di ritrovarsi è proprio perdersi.
Agave è un percorso sensoriale dove lo spettatore, dopo essere stato bendato, verrà accompagnato da ragazzi non vedenti all’interno di un labirinto alla ricerca-scoperta di se stesso, attraversando il disagio, diventando, almeno per il tempo del viaggio, disabile egli stesso e conoscendo così il valore e il significato del buio, del silenzio e della totale assenza di riferimenti spazio-temporali. Solo, con il proprio corpo come unico strumento per procedere, lo spettatore si troverà a viaggiare e scoprire; metterà alla prova la propria capacità di sapersi affidare all’altro, al diverso, allo sconosciuto; si lascerà guidare nella sua ricerca della soluzione.
Dopo circa trent’anni l’Agave muore, ma lascia un fiore. Una speranza, un altro modo di comunicare, un altro tassello del rebus.
Il tempo cambia le cose, ma anche la magia lo fa. Marco Florio
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